La leadership è un argomento molto attuale, in realtà sin dall’antichità ci sono stati individui che hanno rivestito ruoli di leader, si pensi ai condottieri, ai duces romani, al principe rinascimentale, ai regimi totalitaristi che hanno visto il loro nascere grazie alla capacità di alcuni uomini di imporre la loro volontà sugli altri. Ciò che differenzia la figura del leader da queste personalità è il quadro valoriale teso al raggiungimento del bene comune e non di quello individuale. Oggi, più che in altri momenti storici, vengono messe in discussione le figure apicali, quelle che rivestono il ruolo di leader, ma che talvolta leader non sono perché la posizione di leader non fa diventare tout cour un leader. Nonostante esistano persone più carismatiche di altre, per essere leader bisogna avere alcuni tratti salienti che si possono acquisire con un lavoro duro e continuo.
Che sia cogente formare la figura del leader nella P.A. è abbastanza chiaro anche a livello politico tanto che il Miur nel recente DL 36/2022 ha previsto che una parte importante della formazione e dell’aggiornamento sia riservata alla leadership educativa.
Si è scritto molto in passato sulla Leadership e sono state declinate le varie tipologie di Leadership, ci si è concentrati sulle teorie innatiste, comportamentiste, situazionali e trasformazionali. Nessuna definizione. a nostro avviso, può spiegare in maniera esaustiva le caratteristiche e le variabili che sottendono alla creazione e al mantenimento della leadership; pertanto, in questa sede, andremo ad analizzare invece quali caratteristiche deve avere un leader ed infine, cosa per lo scrivente il Leader rappresenti per l’umanità.
Prima di tutto il leader educativo, in quanto regista del sistema Scuola, deve avere ben chiaro cosa è necessario fare, qual è l’obiettivo che intende raggiungere e come vuole raggiungerlo, quale sia la proiezione dello scenario futuro che rispecchia ideali, obiettivi e valori orientando, nel contempo, l’azione per il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Questo orientamento presuppone non solo una chiara visione d’insieme proiettata verso mete future, ma anche un grande senso di responsabilità.
Assistiamo ad una continua negazione di responsabilità in ogni campo e situazione della vita politica, sociale e familiare. Potremmo dire che la responsabilità è la caratteristica principale del mondo moderno. La mancanza di responsabilità consente di attribuire la colpa di quanto accade agli altri, inventando scuse inutili, lamentandosi di ciò che accade e che non dipende da noi, come se ci fosse un burattinaio dispettoso che manovra i fili a nostro discapito. Chi non si assume le proprie responsabilità e attribuisce colpe ad altri dovrebbe anche dare i meriti agli altri quando le cose vanno bene, ma questo non accade, proprio perché l’atteggiamento deresponsabilizzante è di persone immature e poco consapevoli, caratteristiche, queste, che non ha il leader.
Il leader è capace di prendersi le proprie responsabilità, non trova scuse, né capri espiatori, è coerente e di parola perché rispetta sé stesso e gli altri. Questa sua responsabilità lo rende flessibile perché risponde delle sue azioni, delle sue parole e delle sue decisioni. La sua responsabilità è verso se stesso, verso gli altri e verso l’organizzazione di cui è parte.
Gli consente di dare senso alla sua vita, di costruirla così come la vuole perché è libero da costrizioni e impedimenti, quelli che molto spesso inibiscono la crescita personale. Grazie al suo senso di responsabilità, ispira fiducia e ascolto in quanto valorizza le risorse umane e i suoi collaboratori. La sua comunicazione efficace è sinonimo della sua responsabilità, è chiara e lineare, basata sulla consapevolezza che esistono degli ostacoli che vanno considerati e superati. Questo presupposto porta il leader ad assumersi la responsabilità nel caso in cui si creino distonie comunicative. Il leader educativo è umile, conosce le sue potenzialità e le sue risorse e non le fa pesare, inoltre, per la natura stessa del suo ruolo, è una figura di spicco per il suo compito primario di coordinamento della Istituzione scolastica per la risoluzione dei problemi.
Tuttavia, il suo ruolo è fondamentale anche per lo sviluppo del benessere dell’intero sistema Scuola nel quale è inserito e al contempo per il raggiungimento di determinati obiettivi importanti, facilmente raggiungibili se il leader fa in modo che tutti nel gruppo siano indispensabili, senza lasciare indietro nessuno, anzi, garantendo che ci siano libertà di espressione e pensiero rispettando le individualità di ciascuno e arginando le forme di prevaricazione.
Il ruolo del leader educativo somiglia a quello del direttore d’orchestra perché è in grado di creare un’armonia perfetta tra diverse personalità e caratteri per riuscire a portare a termine con successo la sfida fondamentale della Scuola, ovvero la piena realizzazione di un progetto educativo.
Una delle caratteristiche peculiari di un Leader educativo è quella di prevedere il problema, poi di valutarne l’identità, considerando tutti i fattori a rischio, partendo dalla sua natura e individuando tutte le strategie adatte. Contemporaneamente definisce un piano d’azione concreto e temporizzato per risolvere quel problema. Gli step del piano d’azione da seguire sono programmati in modo specifico e preciso, distinguendo quelle che sono le parti superficiali da quelle fondamentali.
Avere questo bagaglio culturale e formativo consente di analizzare il problema e generare la soluzione. Il suo approccio ottimistico è proprio quello che serve al complesso sistema scolastico. Un buon leader educativo raggiunge il successo incentivando valorizzando i membri del gruppo a continuare a svolgere il processo educativo, incoraggiandolo verso soluzioni e metodologie innovative per poter arrivare ad un espediente risolutivo e determinante per tutti i membri del gruppo.
Il leader educativo, è autorevole cioè non impone la sua autorità al gruppo, anzi, non è una figura autoritaria, nonostante il carico delle responsabilità che ha nei confronti del Sistema scolastico. Non alimenta critiche o discussioni, piuttosto si prende il tempo per ascoltare tutti e prendere il meglio per ottenere il massimo. La sua vera natura di Leadership si vede durante la gestione delle riunioni e nella gestione delle obiezioni dei suoi collaboratori. In questo contesto, da autorevole mediatore super partes valuta tutte le opinioni, mettendole insieme e confrontandole. Allo stesso tempo, attraverso la sua comunicazione efficace dà ad ogni membro del gruppo la possibilità di parlare, discutere, pensare a nuovi sbocchi, idee e soluzioni, sempre affiancando e sostenendo le persone.
Dopo questa attenta analisi delle caratteristiche che deve possedere un leader educativo ne aggiungeremo un’altra, non trascurabile e che dà una marcia in più a tutti i leader a nostro avviso: la capacità di ispirare. Se è vero che esistono dei parametri ben precisi per diventare leader entro cui nutrire la propria formazione, è pur vero che essere fonte di ispirazione è di pochi.
Il leader che ispira è fonte di energia, grazie al suo indomabile coraggio nel prendere decisioni, alla grinta nel non tirarsi mai indietro, all’onestà intellettuale, all’integrità morale ed etica, al suo solido quadro valoriale e alla forza d’animo. Nelle organizzazioni dove è presente un Leader ispiratore c’è chiarezza dello scopo comune, degli obiettivi da raggiungere e soprattutto un forte senso di appartenenza.
Il leader ispiratore è quello che ha una vision larga e va oltre i confini che gli altri mettono. E’ fonte di imitazione con il suo comportamento, non riveste una posizione statica che trae la sua legittimità dal ruolo, ma è un esempio per la sua capacità di ricercare il know-why prima del know-how perchè sa che è necessario sapere perchè bisogna fare qualcosa prima di capire come farla. Questa sua attitudine lo differenzia dal manager che punta all’efficienza ad ogni costo, il leader ispiratore sfida lo status quo, supera il problem-solving, scopre e anticipa i problemi orientando le sue azioni verso la scoperta di nuovi scenari, sfidando le situazioni statiche e pensando in termini di innovazione. Le sue azioni attirano persone dal potenziale elevato che sono desiderose di intraprendere con lui nuove sfide. Di questi leader ha bisogno la Scuola oggi.
L’approccio formativo italiano è basato su una impostazione teorica, solo negli ultimi anni sono stati aggiunti percorsi pratici, prevalentemente, nella formazione iniziale.
Per quanto riguarda invece la formazione in itinere si prediligono ancora percorsi formativi teorici, fatta eccezione per la formazione digitale che, a causa della pandemia e della didattica a distanza, si è prepotentemente affacciata nel panorama formativo italiano, essa presuppone necessariamente una metodologia pratica e applicativa.
Troppo spesso agiamo, troviamo soluzioni a problemi, ma poi non sappiamo replicare le nostre soluzioni perchè non abbiamo messo in atto una riflessione guidata.
L’ aggiornamento dei docenti che, un susseguirsi di norme ha reso obbligatorio, opzionale, consigliato ecc, è stato eterodiretto ed ha visto esperti in didattica che traducevano in retorica prescrittiva quello che un “bravo” docente avrebbe dovuto fare e dire con gli alunni. I destinatari di queste pillole formative preconfezionate erano e sono docenti che quotidianamente affrontano le difficoltà comunicative che si presentano loro davanti e che non vorrebbero lezioni teoriche, ma soluzioni pratiche.
Questo tipo di aggiornamento allontana i docenti dalla formazione che diventa così pratica obbligatoria, ma senza una reale ricaduta perché non rispondente ai reali bisogni.
Una formazione rispondente ai bisogni formativi dei docenti dovrebbe partire dalla loro esperienza in classe.
Se chiedessimo ai docenti dove hanno imparato ad insegnare, la risposta non sarebbe “all’università o nei corsi di formazione ” ma “in classe“. I docenti imparano e si migliorano come docenti e come persone quotidianamente, nel rapporto con gli alunni e nell’interazione che si crea con il gruppo classe. Cominciamo a pensare ad una formazione basata sulla riflessione dell’esperienza in classe. Affinché ci sia una crescita non bastano una serie di azioni, ma la riflessione sulle azioni.
Troppo spesso agiamo, troviamo soluzioni a problemi, ma poi non sappiamo replicare le nostre soluzioni perchè non abbiamo messo in atto una riflessione guidata.
La riflessione guidata è un percorso inverso, una emancipazione dalla Didattica eterodiretta, una metodologia di tipo empirico sino ad ora usata in altre discipline. Parliamo di un cambiamento di registro che prevede che sia l’esperienza pratica a fornire gli elementi per la teorizzazione didattica.
La formazione e l’aggiornamento che propongo per i docenti si basa su un approccio innovativo che va dalla videoregistrazione di una lezione scelta dal docente ad una riflessione guidata collettiva sulla videoregistrazione per individuare i punti di forza da implementare e le risorse interne da mettere in campo.
Non è un percorso formativo che va bene per tutti, è un percorso formativo personalizzato, per piccoli gruppi, in cui ognuno riflette sulla propria pratica educativa e accresce il suo bagaglio di conoscenze personali, comunicative ed emotive per vivere il proprio lavoro con maggiore intensità, positività e serenità.
💍 Aprire lo scrigno della memoria.
Qualche giorno fa mi è capitato di sentire questa frase, che mi ha particolarmente colpito perchè l’ho trovata evocativa.
Cosa vuol dire aprire lo scrigno della memoria?
La parola scrigno mi fa pensare a qualcosa di prezioso e pregiato.
Allora mi sono chiesta:
- Perchè, quando pensiamo al passato, ci condanniamo?
Succede di rivedere il film della giornata o di ripensare ad un accadimento trascorso e di essere critici con noi stessi:
- pensando a ciò che avremmo potuto dire o fare diversamente,
- a come avremmo potuto reagire durante una discussione o di fronte ad una sorpresa.
Ma possiamo tornare indietro nel tempo?
Possiamo riavvolgere il nastro della nostra vita e ripercorrere la giornata che vorremmo cambiare?
No.
Possiamo preoccuparci ed occuparci di ciò che rientra nella nostra sfera di controllo e non di ciò che non possiamo controllare.
E’ vero che le parole possono ferire come un’arma.
Ma è anche vero che siamo noi a decidere, di star male o no, per le parole che ci sono state dette o che abbiamo detto.
La responsabilità del nostro stato d’animo è tutta nostra.
Troppo spesso imputiamo ad altri ciò che dipende esclusivamente da noi.
Oltre alla reazione di fronte alle parole, possiamo controllare anche il cocktail biochimico che produciamo.
Ogni nostra reazione produce ormoni.
Ritornare indietro e ripensare ad una situazione passata ci fa rivivere le sensazioni che abbiamo provato in quel momento.
Quando parlo di rivivere, mi riferisco proprio ad una situazione in cui proviamo le medesime sensazioni provate allora.
Vi è mai capitato di ascoltare una canzone legata ad un momento triste e di cambiare repentinamente umore, sentendovi malinconici anche se fino ad un attimo prima eravate sereni?
Non siete pazzi o instabili, è normale.
Il nostro cervello non distingue se sta vivendo la realtà oppure un ricordo… purtroppo è proprio così.
Lo scrigno della memoria perciò può essere ricco di ricordi gioiosi o di ricordi tristi.
Cosa possiamo fare?
Cosa rientra sotto la nostra sfera di controllo?
Abbiamo due possibilità:
- essere gentili con noi stessi e non condannarci più
- recriminare ciò che abbiamo fatto e star male ogni volta che ricordiamo
Ognuna di queste due azioni produrrà delle conseguenze nella nostra mente, nel nostro corpo e nel nostro cuore.
Il nostro corpo produce una serie di ormoni in momenti diversi della giornata e in occasioni diverse.
Le neuroscienze hanno dimostrato che, i nostri pensieri, le nostre parole e addirittura la nostra postura, possono influenzare la produzione ormonale.
Questa è una scoperta strabiliante perchè vuol dire che siamo padroni del nostro umore e che possiamo influenzarlo, se diventiamo coscienti e consapevoli su come farlo.
Scoprire come influenzare il nostro umore attraverso le azioni e le parole
…è la strada che ti condurrà verso la tua serenità interiore.
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💫”Il vestito è come una lingua con la quale parlare a qualcuno”.
Il nostro look è una forma di comunicazione non verbale.
Comunica qualcosa di noi e ci consente di realizzare scambi comunicativi e di intraprendere relazioni con gli altri.
La nostra identità si manifesta anche e soprattutto attraverso il nostro abbigliamento.
Sembra che esista una sorta di esercito dei seguaci della moda che indossa una vera e propria uniforme:
- piumini corti in vita,
- cappotti lunghi come vestaglie da camera
- e borse maxi.
Non è sempre stato così?
I giovani cambiano look per sentirsi “qualcuno”, per trasmettere al mondo come si sentono e si vedono.
Spesso accade che essi si sentono in imbarazzo con il proprio essere e conseguentemente con il proprio aspetto.
Il look, l’abbigliamento, l’immagine che mostrano diventa una sorta di guscio provvisorio.
Perché sentono il bisogno di omologarsi nell’abbigliamento, nei tatuaggi, nei piercing?
Potremmo affermare che lo fanno per seguire la moda, ma sarebbe una affermazione frettolosa e riduttiva.
Si allineano al gruppo e indossano “la divisa” che indossa il gruppo per senso di appartenenza, ma soprattutto per sentirsi belli nello sguardo degli altri.
Allinearsi al gruppo è un modo per affermarsi.
Cosa possiamo fare noi adulti per costruire un rapporto sereno con i nostri figli?
La prossima volta che nostro figlio ci chiederà di comprare quei pantaloni larghi e con il cavallo basso, che non esaltano la sua fisicità:
- potremmo cominciare ad assecondarlo.
Pensiamo che sta crescendo e che non li vuole indossare per omologarsi, ma per sentirsi a suo agio e che prima o poi uscirà dal guscio e troverà la sua identità anche nell’abbigliamento.
Creare un ponte della serenità in famiglia vuol dire anche:
- Capire ciò che nostro figlio esprime attraverso il suo look
- Essere consapevoli dell’influenza della moda nella costruzione dell’identità personale e sociale di nostro figlio
- Renderlo più forte e aiutarlo a migliorare il rapporto con il proprio corpo.
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📌 Rendiamo le riunioni aziendali più produttive con la check list.
Quante volte abbiamo partecipato a riunioni noiose, lunghe e poco produttive?
Oppure abbiamo organizzato una riunione che si è rivelata un fallimento perché i partecipanti hanno cominciato a litigare tra loro?
Eppure gli argomenti all’ordine del giorno erano chiari e ben scritti nella convocazione.
La riunione si è protratta più del dovuto e alla fine si è parlato e discusso di tutto fuorché dei punti all’ordine del giorno.
Ecco allora una breve check list come strumento di supporto per creare riunioni serene.
Questa check list va preparata prima della riunione da parte dell’organizzatore, in questo modo:
- Preparare un ordine del giorno chiaro e breve;
- Limitare i punti all’ordine del giorno;
- Stabilire un tempo massimo per discutere ogni punto.
E non solo, anche per:
- Redigere un verbale di massima da far compilare al segretario verbalizzante contestuale alla riunione;
- Assicurarsi che ogni partecipante abbia ricevuto e letto l’ordine del giorno attraverso l’invio di un feedback su di esso.
Con gli ulteriori vantaggi di:
- Preparare un supporto visivo su cui scrivere i punti salienti che emergono per ogni punto discusso;
- Leggere ai partecipanti le parole chiavi e i punti salienti;
- Leggere ai partecipanti il verbale compilato per avere l’approvazione.
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